comunicato stampa della FEI
La Federazione Esperantista Italiana invita le autorità competenti a prendere maggiormente a cuore le sorti dell'insegnamento della lingua italiana all'estero.
Il confronto con gli altri paesi dell'Unione Europea è inevitabile: il British Council gode di un finanziamento pubblico da 220 milioni di euro, il Goethe Institut e lo spagnolo Cervantes hanno a disposizione rispettivamente 218 e 90 milioni. I fondi a disposizione del portoghese Camoes (13 milioni) e dell'Alliance Française (10,6 milioni) sono più contenuti ma decisamente superiori a quelli destinati alla nostra "Società Dante Alighieri".
Come già denunciato da Repubblica, dal 2011 l'ente che promuove la cultura italiana nel mondo dovrà provvedere ad ogni sua funzione con 600 mila euro.
Non mancano, inoltre, altri segnali allarmanti: poche settimane fa, Andreas Wieland, direttore di "Graubünden Ferien" ha affermato che nelle scuole dell'obbligo della parte germanofona del cantone dei Grigioni l'insegnamento dell'italiano e del romancio va abbandonato a favore dell'inglese.
Le due lingue non sarebbero altro che mero folclore e quindi irrilevanti nel mondo economico e professionale.
La congiuntura economico-finanziaria non è positiva, ma bisogna trovare le risorse - economiche, politiche e morali - per tutelare la lingua italiana.
La questione del brevetto europeo è soltanto uno dei tanti esempi: l'elezione quale lingua procedurale del solo inglese o anche del francese e del tedesco equivale a danneggiare non solo le aziende ma l'intero sistema-paese.
Il caso, nello specifico, evidenzia la necessità di una lingua franca, all'interno dell'Unione Europea, tale da non svantaggiare nessuno stato e nessun cittadino.
Un problema che non va evitato e che ha un'unica soluzione: l'esperanto.
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