mercoledì 19 maggio 2010

Un intervento alla Vigilia della Marcia della Pace

del Prof. Aldo Grassini

Una proposta degli esperantisti per una soluzione pacifica ai problemi linguistici-culturali internazionali

Non c'è pace senza una vera cultura di pace. Non c'è pace senza il rispetto per tutte le culture, per tutte le diversità, per tutte le identità culturali. Pace significa dialogo, confronto democratico, cioè autenticamente paritario. Quale è lo strumento di una vera comunicazione di pace? Che ruolo gioca la lingua in una comunicazione di pace? Ecco una problematica sulla quale il Movimento per la Pace non ha ancora saputo elaborare una riflessione approfondita.
La lingua esprime l'identità di un popolo. Un popolo senza lingua è un popolo senz'anima. La lingua porta dentro di sé la sintesi di una cultura, la storia di una civiltà. La lingua è un veicolo di valori e, per alcuni studiosi, è un modo di pensare, non è mai uno strumento neutrale. Ma, più concretamente, la lingua è potere: chi è padrone della lingua ha più opportunità di far valere il proprio punto di vista, di esplicare un ruolo organizzativo e di coordinamento: insomma, conquista un'egemonia, prima operativa e poi psicologica e, diciamo così, politica. L'egemonia linguistica comporta inevitabilmente anche concreti vantaggi economici e commerciali.
Tutto ciò trova conferma nelle indicazioni della storia. In ogni tempo la comunicazione tra popoli diversi è sempre avvenuta nella lingua del più forte e questa condizione ha sempre rappresentato un ulteriore elemento di supremazia per il più forte. Pensiamo, in particolare, alla storia del colonialismo: tutti i popoli assoggettati hanno finito con l'assimilare la lingua dei colonizzatori, perdendo la propria o subendo una pesante influenza sulla sua evoluzione. Ma quasi mai la lingua dei colonizzatori è stata imposta con la forza; i popoli colonizzati hanno cercato di appropriarsi della lingua dei colonizzatori quale strumento di promozione sociale e di ascesa economica. E' evidente la perdita di identità di questi popoli.
Oggi nel mondo assistiamo al netto prevalere della lingua inglese come conseguenza dell'egemonia politica, economia e militare degli Stati Uniti d'America. Nel pianeta, ormai ridotto dalla tecnologia ad un "villaggio globale" la lingua inglese è oggi uno strumento insostituibile negli scambi internazionali. Ma gli strumenti di comunicazione oggi attivi, riuscendo ad incidere con grande rapidità sulle attività e sul pensiero delle masse, producono trasformazioni così veloci quali non si sono mai viste nella storia. L'uso quasi esclusivo della lingua inglese sta producendo in pochi decenni quegli effetti che nel passato hanno richiesto secoli. La lingua inglese, oltre che strumento di comunicazione nei più diversi settori dell’economia, della scienza e del costume, è anche il veicolo di un modello di società che riguarda il costume, i gusti, i valori, in una parola la cultura.
Noi assistiamo ad un processo di omologazione culturale che distrugge le diversità e non è il frutto di una sintesi, ma la sovrapposizione di una cultura sulle altre. Altra conseguenza evidente è l'"inglesizzazione" di tutte le lingue (guardiamo a ciò che sta capitando anche all'italiano!) e la scomparsa delle più deboli, come sottolineano tutti i sociolinguisti. Un fatto è che una lingua nazionale non può essere neutrale e non può risolvere il problema della crescente necessità di uno strumento di comunicazione internazionale veramente democratico perché finisce sempre con il cancellare o fortemente ridimensionare le diversità.
Per il Movimento Esperantista solo una lingua neutrale (come appunto l'esperanto) potrebbe offrire uno strumento di comunicazione non invasivo, in quanto non portatore di una cultura egemone. La facilità di apprendimento (che non ha confronto in qualsiasi altra lingua) e la neutralità la rendono la lingua assolutamente più democratica, rispettosa di tutte le culture e garante di pari opportunità per tutti i popoli. Sono queste le condizioni oggettive per una vera cultura di pace.
Molti credono, per scarsa informazione, che l'esperanto sia un progetto del passato e che pretenda di sostituire tutte le altre lingue.
L'esperanto è invece una realtà che attualmente registra alcuni milioni di praticanti in quasi tutti i Paesi del mondo e che si sta rivelando uno strumento estremamente duttile nell'era di Internet. Inoltre, il Movimento Esperantista vuol difendere e salvaguardare la pluralità delle lingue e con esse le diversità culturali dei popoli.
A chi osserva che la diffusione dell'inglese ha già conquistato buona parte del mondo, si può rispondere che l'inglese è oggi la lingua delle classi dirigenti e che la stragrande maggioranza degli abitanti del pianeta non lo conoscono. Un futuro (ormai non molto lontano) che avesse bisogno di coinvolgere tutto il genere umano in una comunicazione veramente alla portata di tutti, dovrebbe far meditare sulla difficoltà per la maggior parte degli uomini di giungere ad una buona padronanza di una lingua straniera e all'enorme vantaggio che l'esperanto proporrebbe quanto ai risultati ed ai costi di un'eventuale grande campagna di alfabetizzazione mondiale, considerato che la sua struttura semplice e razionale lo rende incomparabilmente più facile di qualunque altra lingua.

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