giovedì 3 marzo 2016

Umberto Eco: in lode di un samideano.

Debbo confessare, non certo per il gusto di andare contro corrente, che la figura di Umberto Eco mi è risultata sempre indigesta. Non certo per quello che diceva, scriveva o come lo scriveva, del resto non la mia cultura non me lo permetteva, bensì perchè l'ho reputato una persona che il suo sapere te lo "sbatteva" in faccia, dietro quel suo perbenismo controllato da intellettuale acclamato e riverito a cui non ti era permesso andare "contropelo". Ohi, sicuramente mi sarò sbagliato, ma questo era ed è rimasto fino a ieri il mio discutibilissimo modo di vederlo. Fintanto che ieri un mio amico di quella vecchia ed indomabile tradizione radicale di cui si stanno perdendo le radici, non mi ha fatto pervenire questo link ( http://www.radicali.it/galassia/umberto-eco-lode-un-samideano ) che mi ha portato a riflettere sull' Eco che conoscevo solo come intellettuale e uomo pubblico, attraverso scritti e filmati. Invece ho scoperto che forse era un po' come quelle "crocette anconetane" (dette anche garagoi), brutte fuori -spigolose, rugose- ma "bone" - buone dentro, che poi raffigurano il carattere di noi marchigiani. 
Da bravo italiano quale sono,  caduto in errore, non chiedo scusa, ma giro la frittata. Da ignorante che ritenevo Umberto Eco uno che se la tirava, scoperto il suo lato di bravo, intelligente, esperantista, faccio macchina indietro, chiedo umilmente venia ed affermo che mi sembrava impossibile che uno con una "capa" come la sua non fosse un esperantista convinto. Logicamente ci sto scherzando su, ma vero è che non sapevo della sua "esperantinità". Da non perdere, quindi, per chi non avesse conosciuto questo lato dello scrittore, studioso e non solo, una nota di Giorgio Pagano, segretario dell'Associazione Radicale "Esperanto" che ci aiuta a comprendere questa  sfaccettatura ai più sconosciuta. (Franco Giannini)

Umberto Eco: in lode di un samideano.

Umberto Eco è stato, è, certamente uno dei rarissimi studiosi che, prima d'esprimere un giudizio su qualcosa, lo sviscera, lo studia e, soprattutto, lo approfondisce. Ciò è accaduto anche per l'Esperanto allorché ha affrontato il tema della "lingua perfetta" (giacché prima si era espresso in senso contrario).
L'ho conosciuto più attraverso la sua vecchia segretaria, la Signora Simonetta, che frequentandolo di persona ma, credo, di aver utilizzato dei buoni argomenti nell'interlocuzione con Eco se, proprio a lui, dobbiamo alcuni paragrafi che centrano molto bene le problematiche dei Radicali sulla lingua comune della specie umana nel suo libro "La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea".
In una presentazione di quel libro, registrata da Radio radicale, Eco disse «Mi sono studiato la grammatica dell’Esperanto e la sua storia; sono stato affascinato dal personaggio di Zamenhof. Mi sono accorto che l’esperanto è un capolavoro, costruito benissimo. Mentre tutte le lingue artificiali tendono all’economia l’Esperanto tende a sacrificare l’economia per l’ottimizzazione (caso tipico è l’accusativo).
E’ principio di economia eliminare le declinazioni perché ci sono le preposizioni, ma siccome in tutte le lingue dove c’è l’accusativo non è introdotto da nessuna preposizione ecco che si creano delle  ambiguità specie poi se latinamente lo si usa per moto a luogo. Si dimostra invece che introducendo un elemento antieconomico Zamenhof ottimizza il funzionamento.E’ una lingua che in fondo funziona bene perché è fatta sul modello di quelle naturali e  non sul modello di quelle filosofiche che  vogliono dividere il mondo in tanti pezzi.A tutto ciò si oppone il vecchio argomento che nessuno è mai stato capace di imporre una lingua; l’altro argomento che già era stato discusso tra Encyclophedie e Ideologue, è l’argomento dell’egoismo dei governi: quale  governo accetterà mai di lasciar circolare una lingua internazionale quando ciascun governo avrà interesse a far circolare la sua lingua.Oggi ci troviamo davanti a due fatti nuovi:Il primo fatto è la presenza dei  mezzi di massa che costituiscono una sorta di Crusca quotidiana e garantiscono la conservazione di uno standard malgrado le differenze. Pensiamo al fatto che siamo riusciti a insegnare l’italiano agli Albanesi e ai Tunisini attraverso Pippo Baudo quindi non  sarebbe impossibile insegnare l’esperanto a tutto il mondo.L’altro fatto è che potrebbe rovesciarsi il meccanismo perverso dell’egoismo dei governi. Mentre facevo un corso a Parigi (erano i giorni di Maastricht) sono  stato  invitato a numerosi convegni sulla francofonia; erano impazziti sul problema della lingua. Sembrava che come al solito, l’ossessione dei Francesi fosse il dovere di prendere atto che l’inglese è diventata lingua  veicolare; sotto mi sono accorto che, sebbene  i Francesi neghino, c’è un altra paura più forte che è la paura del tedesco.Con la caduta del muro di Berlino e l’apertura dell’est hanno paura e a questo  punto sarebbero disposti a sostenere l’esperanto all’ONU, all’UNESCO, purché  non passi il tedesco. In un’Europa così frammentata uno Slovacco purché non passi  la lingua  maledetta del suo fratello bosniaco  o sloveno è disposto ad impegnarsi sull’esperanto.Effettivamente devo ammettere che per prima volta nella storia dell’umanità la situazione potrebbe essere cambiata; potrebbero crearsi forze di diffusione,  alfabetizzazione e imposizione di una lingua  veicolare. L’unica condizione per cui questa lingua possa continuare ad essere “calmierata” è che  sia, come del resto era l’idea di Zamenhof, una lingua veicolare usata per tante attività internazionali o usata per tradurre tante opere letterarie ma che non pretende né di essere la lingua perfetta né di volersi sovrapporre alle lingue esistenti».
Quelle parole divennero subito la presentazione de "L'Esperanto in un foglio" edito dall'ERA in un solo foglio A3, con Grammatica del grande storico della lingua italiana, Bruno Migliorini e annesso vocabolarietto.
Oggi lo mettiamo gratuitamente a disposizione in allegato a questa nota.

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