martedì 22 marzo 2016

Il Ghana si decolonizza dall’inglese...

Il mio caro amico Gianluigi, torna a segnalarmi un altro interessante articolo di Giorgio Pagano, che qui riporto e che mi induce a pensare quanto quel "Terzo Mondo", così clasificato con distacco da molti, invece a volte su alcuni problemi, lo troviamo anni luce più avanti di noi "bempensanti" uomini "civilizzati". Questa è sicuramente una di quelle occasioni (FG)

Dopo Gambia e Tanzania anche il Ghana si decolonizza dall'inglese, e la necessità di una lingua comune della specie umana diviene impellente.


Che, man mano che crescesse la consapevolezza democratica nei Paesi ex colonie, si giungesse all’abbandono della lingua dei colonizzatori in favore delle lingue locali era inevitabile.
All'inizio dello scorso anno furono Gambia e Tanzania ad annunciare i loro piani per eliminare le lingue straniere dei colonizzatori europei come lingue d’insegnamento nei loro sistemi scolastici, ed ora arriva il momento del Ghana, anch’essa ex colonia del Regno Unito, che ha annunciato il suo nuovo piano per eliminare l'inglese come lingua principale d’insegnamento nelle scuole.
La professoressa Jane Naana Opoku Agyemang, Ministro dell'istruzione del Paese, sostiene che il problema che il Ghana ha nel mondo del lavoro è in gran parte causato dall'avere nell’insegnamento una lingua diversa da quella normalmente parlata sul territorio ed ha espresso fiducia che la sostituzione dell'inglese, come lingua principale d’insegnamento, potrà cambiare in meglio il paese.
Appena il Ministro ha annunciato il provvedimento, applausi sono venuti da parte del pubblico: anche se il cambiamento di politica linguistica è stato discusso per molto tempo, infatti, finora non era mai stato perseguito in modo così aggressivo, portando molti ghanesi a divenire ottimisti sul fatto che le catene dei loro colonizzatori si stiano lentamente, ma inesorabilmente, spezzando.
Questi fatti testimoniano come la necessità di adottare una lingua delle Nazioni Unite, espressione non di aristocratiche e anacronistiche egemonie bensì di popolare giustizia e democrazia globale, sia ormai impellente e che la storica campagna del Partito Radicale “Per una lingua comune della specie umana” alle Nazioni Unite potrebbe trovare convinti sostenitori proprio tra i Paesi ex colonie, protagonisti di un neoumanesimo mondiale.
I siti della campagna Radicale per la lingua comune della specie umana:
* E' un omaggio al nostro Presidente Sergio Stanzani, scomparso il 17 ottobre 2013, che aveva come frequente intercalare quel "va bene" per il quale veniva sempre preso affettuosamente in giro.
Giorgio Pagano

giovedì 3 marzo 2016

Umberto Eco: in lode di un samideano.

Debbo confessare, non certo per il gusto di andare contro corrente, che la figura di Umberto Eco mi è risultata sempre indigesta. Non certo per quello che diceva, scriveva o come lo scriveva, del resto non la mia cultura non me lo permetteva, bensì perchè l'ho reputato una persona che il suo sapere te lo "sbatteva" in faccia, dietro quel suo perbenismo controllato da intellettuale acclamato e riverito a cui non ti era permesso andare "contropelo". Ohi, sicuramente mi sarò sbagliato, ma questo era ed è rimasto fino a ieri il mio discutibilissimo modo di vederlo. Fintanto che ieri un mio amico di quella vecchia ed indomabile tradizione radicale di cui si stanno perdendo le radici, non mi ha fatto pervenire questo link ( http://www.radicali.it/galassia/umberto-eco-lode-un-samideano ) che mi ha portato a riflettere sull' Eco che conoscevo solo come intellettuale e uomo pubblico, attraverso scritti e filmati. Invece ho scoperto che forse era un po' come quelle "crocette anconetane" (dette anche garagoi), brutte fuori -spigolose, rugose- ma "bone" - buone dentro, che poi raffigurano il carattere di noi marchigiani. 
Da bravo italiano quale sono,  caduto in errore, non chiedo scusa, ma giro la frittata. Da ignorante che ritenevo Umberto Eco uno che se la tirava, scoperto il suo lato di bravo, intelligente, esperantista, faccio macchina indietro, chiedo umilmente venia ed affermo che mi sembrava impossibile che uno con una "capa" come la sua non fosse un esperantista convinto. Logicamente ci sto scherzando su, ma vero è che non sapevo della sua "esperantinità". Da non perdere, quindi, per chi non avesse conosciuto questo lato dello scrittore, studioso e non solo, una nota di Giorgio Pagano, segretario dell'Associazione Radicale "Esperanto" che ci aiuta a comprendere questa  sfaccettatura ai più sconosciuta. (Franco Giannini)

Umberto Eco: in lode di un samideano.

Umberto Eco è stato, è, certamente uno dei rarissimi studiosi che, prima d'esprimere un giudizio su qualcosa, lo sviscera, lo studia e, soprattutto, lo approfondisce. Ciò è accaduto anche per l'Esperanto allorché ha affrontato il tema della "lingua perfetta" (giacché prima si era espresso in senso contrario).
L'ho conosciuto più attraverso la sua vecchia segretaria, la Signora Simonetta, che frequentandolo di persona ma, credo, di aver utilizzato dei buoni argomenti nell'interlocuzione con Eco se, proprio a lui, dobbiamo alcuni paragrafi che centrano molto bene le problematiche dei Radicali sulla lingua comune della specie umana nel suo libro "La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea".
In una presentazione di quel libro, registrata da Radio radicale, Eco disse «Mi sono studiato la grammatica dell’Esperanto e la sua storia; sono stato affascinato dal personaggio di Zamenhof. Mi sono accorto che l’esperanto è un capolavoro, costruito benissimo. Mentre tutte le lingue artificiali tendono all’economia l’Esperanto tende a sacrificare l’economia per l’ottimizzazione (caso tipico è l’accusativo).
E’ principio di economia eliminare le declinazioni perché ci sono le preposizioni, ma siccome in tutte le lingue dove c’è l’accusativo non è introdotto da nessuna preposizione ecco che si creano delle  ambiguità specie poi se latinamente lo si usa per moto a luogo. Si dimostra invece che introducendo un elemento antieconomico Zamenhof ottimizza il funzionamento.E’ una lingua che in fondo funziona bene perché è fatta sul modello di quelle naturali e  non sul modello di quelle filosofiche che  vogliono dividere il mondo in tanti pezzi.A tutto ciò si oppone il vecchio argomento che nessuno è mai stato capace di imporre una lingua; l’altro argomento che già era stato discusso tra Encyclophedie e Ideologue, è l’argomento dell’egoismo dei governi: quale  governo accetterà mai di lasciar circolare una lingua internazionale quando ciascun governo avrà interesse a far circolare la sua lingua.Oggi ci troviamo davanti a due fatti nuovi:Il primo fatto è la presenza dei  mezzi di massa che costituiscono una sorta di Crusca quotidiana e garantiscono la conservazione di uno standard malgrado le differenze. Pensiamo al fatto che siamo riusciti a insegnare l’italiano agli Albanesi e ai Tunisini attraverso Pippo Baudo quindi non  sarebbe impossibile insegnare l’esperanto a tutto il mondo.L’altro fatto è che potrebbe rovesciarsi il meccanismo perverso dell’egoismo dei governi. Mentre facevo un corso a Parigi (erano i giorni di Maastricht) sono  stato  invitato a numerosi convegni sulla francofonia; erano impazziti sul problema della lingua. Sembrava che come al solito, l’ossessione dei Francesi fosse il dovere di prendere atto che l’inglese è diventata lingua  veicolare; sotto mi sono accorto che, sebbene  i Francesi neghino, c’è un altra paura più forte che è la paura del tedesco.Con la caduta del muro di Berlino e l’apertura dell’est hanno paura e a questo  punto sarebbero disposti a sostenere l’esperanto all’ONU, all’UNESCO, purché  non passi il tedesco. In un’Europa così frammentata uno Slovacco purché non passi  la lingua  maledetta del suo fratello bosniaco  o sloveno è disposto ad impegnarsi sull’esperanto.Effettivamente devo ammettere che per prima volta nella storia dell’umanità la situazione potrebbe essere cambiata; potrebbero crearsi forze di diffusione,  alfabetizzazione e imposizione di una lingua  veicolare. L’unica condizione per cui questa lingua possa continuare ad essere “calmierata” è che  sia, come del resto era l’idea di Zamenhof, una lingua veicolare usata per tante attività internazionali o usata per tradurre tante opere letterarie ma che non pretende né di essere la lingua perfetta né di volersi sovrapporre alle lingue esistenti».
Quelle parole divennero subito la presentazione de "L'Esperanto in un foglio" edito dall'ERA in un solo foglio A3, con Grammatica del grande storico della lingua italiana, Bruno Migliorini e annesso vocabolarietto.
Oggi lo mettiamo gratuitamente a disposizione in allegato a questa nota.