lunedì 31 ottobre 2016

Al Festival del Cinema di Roma, come si suol dire, si ottiene " Due fave con un piccione"

Comunicato che ricevo dall'Ufficio Stampa FEI e che come ricevo pubblico:

Festa del cinema di Roma: il pubblico premia anche l'esperantoIl pubblico della Festa del Cinema di Roma ha scelto "Captain Fantastic" come miglior film tra la selezione di quest'anno. Il film diretto da Matt Ross con Viggo Mortensen, presentato in collaborazione fra Alice nella città e la Festa del Cinema di Roma, ha convinto e conquistato il pubblico di ogni età con i suoi personaggi fuori dal comune e con le sue atmosfere sognanti e commoventi. E' un film che premia lo spirito di questa edizione della Festa unendo gli spettatori adulti appassionati e l'entusiasmo dei ragazzi delle scuole che hanno riempito le proiezioni a loro dedicate.

La storia tratta di un padre che nei boschi cresce sei figli e li educa in maniera intensa fisicamente ed intellettualmente. Poi un giorno la famiglia è costretta ad abbandonare il bosco ed a rientrare nella società normale, dove valori e comportamenti non sono altrettanto virtuosi come quelli del padre nel bosco. Ad esempio non è permesso parlare in esperanto ma bisogna parlare la lingua della maggioranza.

Il film uscirà dal 7 dicembre nelle sale italiane.

mercoledì 19 ottobre 2016

Il potere morbido della lingua italiana. Un bell'articolo di Annamaria Testa ...

... che il sempre attento amico Aldo Grassini ci segnala e ci consiglia di non perderci.

Cari amici,
   spero di farvi piacere girandovi questo bell'articolo  di Annamaria Testa sulla lingua italiana.
Io sono reduce da un breve soggiorno in Spagna e sono stato piacevolmente sorpreso dallo straordinario apprezzamento manifestato in quell'ambiente (un congresso con tanti architetti, operatori museali, ricercatori universitari) per la nostra lingua (tanti di loro parlavano italiano), per la nostra cultura, per il nostro stile. "L'Italia è il Paese più  bello del mondo" mi ha detto il direttore del Museo Archeologico di Alicante. Peccato che noi siamo gli unici a non accorgercene!
Un caro saluto e buona lettura.
Aldo  

Il potere morbido della lingua italiana


, esperta di comunicazione
L’italiano, lingua degli angeli per Thomas Mann, è la lingua più romantica del mondo secondo un sondaggio di qualche anno fa rivolto a 320 linguisti dall’azienda londinese Today translations, che offre traduzioni e interpreti in oltre 200 lingue.
Questa è in sé una notiziola curiosa e niente più, ma ci aiuta a prendere in considerazione una questione più generale, e degna di nota. La lingua italiana è, per gli stranieri, sommamente attrattiva: non a caso è la quarta (o quinta) lingua più studiata al mondo. Per capire che cosa della nostra lingua piace così tanto basta scorrere una delle molte liste di ragioni per imparare l’italiano che si trovano in rete.
Per esempio, la lista pubblicata dall’università di Princeton dice in primo luogo che l’italiano è sonoro e bellissimo, ed è la lingua di riferimento per chi ama l’arte, la musica, l’architettura, l’opera, il cibo… molte delle cose piacevoli della vita, insomma.
Dice che l’italiano è la lingua più vicina al latino, e che il 60 per cento del vocabolario inglese deriva dal latino: quindi imparare l’italiano aiuta anche a parlare meglio l’inglese. E ricorda che nelle università statunitensi le iscrizioni ai corsi di lingua italiana stanno crescendo.
L’attrattività di una lingua non è strettamente proporzionale alla numerosità dei parlanti. “Studiare l’italiano non è come studiare l’urdu, diciannovesima lingua più parlata al mondo (l’italiano è diciottesimo)”, dice Dianne Hales, autrice di La bella lingua. Con l’italiano “entri in contatto con la storia, l’arte, la religione, la musica, il cibo, la moda, il cinema, la scienza – tutto ciò che la civiltà occidentale ha inventato”.
Sembra però che a noi italiani, che (più o meno) parliamo italiano da sempre, di tutto questo importi poco.
Usare il soft power permette di ottenere risultati ‘risparmiando sia i bastoni, sia le carote’
Del resto, una nota caratteristica del comportamento nazionale consiste nel sottovalutare sistematicamente ciò che di bello e desiderabile ci appartiene, dal paesaggio all’arte allo stile di vita, dalla creatività all’intraprendenza, alla lingua, appunto, rinunciando quindi a valorizzarlo in maniera adeguata. Rinunciando, poi, a praticare le indispensabili opere di manutenzione, materiali e immateriali. E rinunciando perfino a essere, giustamente, orgogliosi.
Ci converrebbe cambiare atteggiamento, però.
Il fatto è che la capacità attrattiva di una lingua è un importante fattore di soft power. I paesi anglofoni lo sanno fin dai tempi della guerra fredda. Lo sa la Cina, che sta facendo grandi sforzi per diffondere lo studio del cinese. E la faccenda del soft power è tutt’altro che banale.
Soft power non ha, per ora, una traduzione accreditata. In rete ho trovato “potere morbido”, “potere leggero”, “potere pacifico” e perfino “potere soffice”. Qui scelgo di usare “potere morbido” in alternanza con l’assai più diffuso termine inglese.
Il concetto di soft power è stato formulato verso la fine degli anni ottanta da Joseph Nye, politologo e docente ad Harvard. In una brillante Ted conference, Nye definisce il potere come “nient’altro che la possibilità di influenzare gli altri per ottenere i risultati voluti”.
Si può esercitare potere, dice Nye, in tre modi: con il bastone, cioè minacciando e usando la forza. Con la carota, cioè usando il denaro. Ma c’è un terzo modo: convincere gli altri a desiderare spontaneamente di fare quello che vogliamo che facciano. E questo è soft power: pura capacità seduttiva. Se l’hard power della forza muove la gente a spintoni, il soft power la attira suscitandone il consenso.
In sostanza, il concetto di soft power ci fa capire che la seduzione è tanto potente quanto la coercizione o il denaro. E forse ancora più potente, perché più sottile e permanente. Nye aggiunge che usare il soft power permette di ottenere risultati “risparmiando sia i bastoni, sia le carote”.
Percezione e conoscenza
Poiché il soft power è fatto di reputazione e di desiderabilità, una nazione lo può esercitare in modo efficace perfino senza essere una grande potenza economica o militare. Esiste una classifica internazionale del soft power: nel 2016 l’Italia è undicesima, prima della Spagna e dopo i Paesi Bassi, e sta guadagnando posizioni.
Promuovere la lingua italiana (e magari cominciare a trattarla meglio, anche in patria) può aiutarci ad avere prestigio nel mondo e ad accrescere il nostro soft power. E, diciamolo: per l’Italia promuovere l’italiano, già in sé così desiderabile, è molto più facile di quanto non sia per il Pakistan promuovere l’urdu. O per la Cina promuovere il cinese.
Ma non solo: promuovere l’italiano può aiutare le nostre imprese a diffondere e difendere i loro prodotti all’estero, posizionandoli nel segmento alto di gamma per il solo fatto di essere autenticamente italiani. Promuovere l’italiano (e usarlo per i nomi dei prodotti, per la pubblicità, per i marchi…) aiuta anche a contrastare il fenomeno deteriore dell’italian sounding: prodotti fatti all’estero, che si vestono di italianità proprio “parlando” italiano. È uno scherzo che vale 60 miliardi di euro e 300mila posti di lavoro.
La percezione è (anche) un fatto cognitivo, e non solo sensoriale.
Vuol dire che è influenzata da quanto ogni persona crede, pensa e sa, e dalle aspettative che ha. Per questo, nel mondo, l’aroma di un caffè con un nome italiano è percepito come migliore, un abito con un marchio italiano appare più elegante, un oggetto con un nome italiano appare più bello, un’auto con un nome italiano appare più desiderabile. Le aziende straniere lo sanno, e sarebbe meglio se anche le aziende italiane se ne ricordassero sempre.
Di tutto questo – e immagino, di molto altro – si parlerà nel corso della seconda edizione degli Stati generali della lingua italiana nel mondo. Chi vuole, può seguire in diretta l’intera manifestazione sul sito esteri.it. Chi vuole, può anche dare un’occhiata al neonato portale della lingua italiana.

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Annalisa Trasatti
Museo Tattile Statale Omero, Mole Vanvitelliana,
Banchina Giovanni da Chio 28, 60121 Ancona, 
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